Bob Peak e Star Trek

Parlare degli artwork di Star Trek significa inevitabilmente parlare di Bob Peak, autore di ben cinque manifesti, da The Motion Picture a The Final Frontier.

Parliamo, ovviamente, di un’epoca in cui la grafica come la intendiamo oggi era molto diversa, non c’era lo strapotere del computer ed ogni manifesto doveva necessariamente essere un’opera d’arte pittorica. Il tutto detto senza voler assolutamente sminuire le capacità artistiche di chi lavora in computer graphic che, pur avendo mutato alcuni approcci (invece che la tela oggi abbiamo la tavoletta grafica, invece che il pennello la penna e così via dicendo) e costruiti di nuovi si è capaci di realizzare opere incredibili, dalla pura innovazione al “vintage (o retro) computerizzato”.

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Bob Peak nasce in Colorado, a Denver, verso la fine degli anni ’20, è un disegnatore, illustratore e pittore tra i più influenti della sua epoca, al pari di nomi altrettanto blasonati come, ad esempio, Frank Frammetta.

I primi, per altro notevoli, lavori in ambito cinematografico sono stati manifesti realizzati per film quali West Side Story e My Fair Lady ma il primo embrione di ciò che diventerà l’iconico poster del primo lungometraggio di Star Trek lo abbiamo con la realizzazione dell’artwork per il film di culto Rollerball del 1975.

Il volto in primo piano, le striature che allungano alcune spigolature dei disegni, caratteristiche tipiche che ritroveremo molto spesso nelle opere di Bob Peak, compresi i disegni realizzati per film come The Motion Picture o The Search For Spock. Uno stile inequivocabile che, come detto, ritroviamo in molteplici lavori come ad esempio Apocalypse Now o, meno marcatamente, Excalibur (mitico film del 1981 sulle gesta di Re Artù in cui troviamo anche un Patrick Stewart ancora ignaro del successo che scoprirà qualche anno dopo grazie proprio a Star Trek).

Per Star Trek II: The Wrath Of Kahn lo stile è più descrittivo e meno astratto rispetto a The Motion Picture, qui abbiamo innanzitutto una scena d’insieme che, grazie anche al titolo del film, ci spiega abbastanza eloquentemente cosa accadrà nel corso della pellicola. Questo è un concetto molto interessante se lo mettiamo in relazione alle produzioni cinematografiche moderne dominate in maniera quasi ossessiva dal concetto di segretezza.

Oggi può essere determinante nel marketing e quindi nell’economia di un film in uscita tenere segreto tutto, anche il nome del villain o la trama effettiva di un film e sempre più spesso vediamo trailer orchestrati ad hoc per depistare il pubblico con scene poi non presenti nel montaggio finale, idem con i poster che devono necessariamente essere il meno possibile rivelatori.

In The Wrath Of Kahn il titolo ci dice che la questione verterà sulla sete di vendetta di Kahn, ovviamente nei confronti di Kirk, il manifesto ci rivela la centralità della stazione spaziale Regula 1 nella quale si svilupperanno alcuni degli snodi centrali della trama ed ovviamente ci offre uno sguardo sui protagonisti (e su quelle che furono le nuove divise della flotta stellare).

Se ci addentriamo poi nei lavori realizzati da Bob Peak per Star Trek II e non utilizzati scopriamo delle opere bellissime in cui oltre alle circostanze di cui sopra compare anche il dispositivo genesis e vi consiglio caldamente di dare loro uno sguardo perché ne vale davvero la pena.

Per il film successivo, The Search For Spock, Peak torna in gran parte alle caratteristiche elencate in precedenza. Il volto in primissimo piano di Spock che si irradia di raggi un po’ come il volto di Marlon Brando in Apocalypse Now, la scena sullo sfondo è quella dello scontro tra l’Enterprise e l’uccello predatore Klingon ed a concludere il quadro abbiamo una carrellata di protagonisti diremmo in netto secondo piano rispetto allo stesso Spock che emana tutta la sua presenza in contrapposizione all’assenza che invece troveremo, per ovvie ragioni, per quasi tutto il film.

Nel manifesto, dominato dal colore rosso, di Apocalypse Now (realizzato nel 1979) è la scena che fa da sfondo a far esplodere l’effetto di irraggiamento tipico delle opere di Peak mentre in The Search For Spock, dominato dal colore blu, è lo sfondo dei protagonisti, oltre allo stesso Spock, ad esserne investiti. Non è quasi presente, se non solo vagamente accennato, l’effetto dello spettro dei colori visibili che invece dominava il manifesto di The Motion Picture e che in The Wrath Of Kahn era “citato” nel bordo del lettering (così come nello stesso The Motion Picture), tuttavia la sua interpretazione è indubbiamente differente tra i vari film sebbene riconducibile a due chiavi di lettura. Possiamo dire infatti che esso sta a simboleggiare da un lato il viaggio a velocità di curvatura, e quindi potremmo definirlo la “scia” dell’Enterprise, tuttavia può simboleggiare, quando inglobante le figure umane l’effetto di teletrasporto (ed in The Motion Picture in effetti avvengono entrambe le condizioni).

Effetto che poi tornerà incorporato oseremmo dire “prepotentemente” (e con chiaro riferimento al teletrasporto) nel successivo The Voyage Home (Rotta Verso la Terra) e di cui parleremo tra un attimo. Bisogna notare che questi manifesti venivano, a vario titolo, “seviziati” quando poi finivano in stampa. Per cui ad esempio The Search For Spock in alcune sue edizioni presenta una vistosa cornice blu che in parte taglia il manifesto originale compromettendo la possibilità di fruire per intero della sua bellezza. Sono soluzioni che venivano adottate come detto a vario titolo, ad esempio la locandina di The Motion Picture nella sua versione italiana risulta tagliata sulla parte alta per permettere di ricavarne lo spazio tipicamente utilizzato dalle sale cinematografiche per indicare gli orari delle proiezioni. La stessa locandina, invece, a seconda del mercato, viene utilizzata tagliando le fasce laterali (quindi in effetti “ingrandendola”) in modo da salvaguardare l’effetto di totale espansione del disegno su tutta l’area della locandina (che tradizionalmente ha le misure di 70X33, quindi ben diverse rispetto alle proporzioni usate comunemente anche per i manifesti 70X100).

Personalmente sono del parere che l’area della locandina vada sfruttata tutta per intero e non vada adattato il disegno rimpicciolendolo in modo da poterlo inserire rendendolo inevitabilmente fuori formato. Quindi anche per queste ragioni consiglio davvero di cercare in rete (o meglio ancora trovare pubblicazioni ad hoc) le versioni “integrali” (e quando disponibili quelle alternative) di queste opere d’arte.

Su The Voyage Home abbiamo un ribaltamento totale delle atmosfere fino ad ora presentate, premesso che esistono varie versioni (tutte comunque incentrate sulle figure di Kirk e Spock), quella tradizionale è quella che vede come detto il ritorno dell’effetto “teletrasporto” nel quale Kirk e Spock si materializzano sulla terra dei giorni nostri, o meglio, su quella della seconda metà degli anni ’80 (espediente narrativo piuttosto semplice quello di ambientare un viaggio indietro nel tempo proprio all’epoca in cui il film viene prodotto, i motivi sono di natura ovviamente economica e quindi facilmente intuibili).

Nel manifesto, al contrario di The Wrath Of Kahn, non troviamo alcun indizio rivelatore della trama (viaggio nel tempo a parte) e ci troviamo di fronte ad un’immagine più simile ad un fumetto in cui le scene proposte sono essenzialmente due, oltretutto di poco conto e assolutamente svincolate dalla trama: quella del punk che dovrebbe rappresentare la folle società di quegli anni e che Spock neutralizzerà con la presa vulcaniana e la scena del poliziotto cui vengono chieste informazioni stradali per raggiungere Alameda (e che oltretutto venne improvvisata al momento coinvolgendo chiunque, ignaro, si trovava in quel momento lungo quello svincolo di San Francisco).

Il parallelismo strano che lega The Voyage Home al successivo The Final Frontier (poster finale della collaborazione tra Bob Peak e Star Trek in quanto Peak morirà nel 1992, appena un anno dopo The Undiscovered Country quindi lecito supporre non fosse già in condizioni di realizzarne il manifesto) è che possiamo, a parer personale, ritenere The Voyage Home forse il meno efficace dei quadri realizzati da Peak per Star Trek (e forse anche per questo sono molteplici le versioni alternative utilizzate nelle varie edizioni) per quello che è notoriamente stato il titolo di maggior successo, economicamente parlando, per la saga e che conclude la trilogia iniziata con Star Trek II.

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Viceversa si contrappone The Final Frontier nel quale ritroviamo atmosfere più classiche, evocative epiche ed avvincenti nel tipico stile di Bob Peak per un film che, ahimè, rappresentò il peggior flop nella storia del franchise tanto che in Italia venne distribuito direttamente in Home Video senza nemmeno passare per le sale cinematografiche. Si conclude così il sodalizio artistico di Bob Peak e Star Trek, i successivi film (specie a partire da quelli tratti da The Next Generation) cominceranno a sentire l’influenza del computer nella composizione delle immagini, le foto, miste ad effetti digitali, prenderanno il posto dei disegni e dei pennelli e si abbandoneranno alcuni formati tradizionali, in primis l’iconico 70X33 per le locandine (scelta questa comunque demandata alla singola casa di produzione, ad esempio Disney stampa il 70X33 rimpicciolendo le immagini partendo dal formato 70X100, Fox, che adesso è di proprietà della Disney, invece ha mantenuto un’interpretazione “genuina” del 70X33) non senza alcune eccezioni, ad esempio i tre manifesti del Kelvinverse possiamo ritenerli dei lavori tuttosommato ottimi ed affascinanti (senza contare l’edizione speciale del manifesto di Beyond che omaggia il manifesto di The Motion Picture per i 60 anni dalla nascita di Star Trek).

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