Il viaggio nel tempo tra teorie, certezze e grattacapi narrativi

Lo scorso 3 Agosto, sul profilo Twitter ufficiale degli Avengers, il boss dei Marvel Studios Kevin Feige ha commentando il salto temporale di 5 anni visto in Endgame, paragonandolo al finale di The Next Generation.

La dichiarazione completa è stata:

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 “mi è sempre piaciuta l’idea di vedere i nostri personaggi evolvere, il finale di Star Trek: The Next Generation, che vidi da ragazzo, e in tempi più recenti “Veep”, hanno fatto molto egregiamente qualcosa del genere”.

 

In realtà sappiamo che i salti temporali del finale di The Next Generation erano ad opera di Q, che spostava il capitano Picard attraverso tre periodi della sua vita (passato, presente e futuro), ma i viaggi nel tempo, nella loro accezione più comune, oltre ad essere una chiave fondamentale di Avengers: Endgame, sono una costante di tutte le serie legate all’universo Trek (tanto che ad un certo punto sono comparse anche specifiche sezioni della flotta, ispettori e agenti temporali).

 

Vediamo allora di fare una panoramica sul tema partendo da un eccellente capostipite, ovvero: la macchina del tempo di H.G. Welles. In quel romanzo il protagonista inventa appunto un congegno capace di viaggiare avanti e indietro nel tempo, ma questa sua scoperta finirà per condurlo in un futuro sempre più remoto, dove non potrà che constatare ad un certo punto l’estinguersi della vita.

 

All’epoca dell’uscita del romanzo (la fine dell’ottocento) non mancarono le critiche sul piano scientifico (sebbene la storia fosse concepita più come una sorta di riflessione sulle varie condizioni sociali della popolazione dell’epoca). Il dato importante che ci interessa sottolineare è che in quella circostanza si comincia a parlare seriamente del concetto del viaggio nel tempo e dei sui (molteplici) paradossi.

 

Spostandoci dalla letteratura alla cinematografia l’esempio più classico ci viene dalla trilogia di Ritorno al Futuro, in cui il concetto è molto semplice:

“se viaggi indietro nel tempo ogni azione compiuta nel passato influenzerà il futuro e si, tu potresti anche correre il rischio di diventare il nonno di te stesso.”

 

La fisica quantistica considera questa interpretazione estremamente sbagliata, mentre si ritiene più verosimile la possibilità che un ipotetico spostamento nel passato non solo non influenzi il punto di partenza nel futuro, ma piuttosto crei una linea temporale alternativa e parallela (quindi non sostitutiva) a quella originale, è il tema di Avengers: Endgame.

 

Da ciò se ne desume che, ipoteticamente, a prescindere da come andranno le cose, ogni possibile alternativa può effettivamente esistere in una dimensione parallela.

 

Come dite? Sono tutte cose già viste in Star Trek? Avete ragione!

 

Come detto, in Star Trek i concetti di viaggio nel tempo e di multiverso sono letteralmente una costante, dall’episodio di Worf sbalzato attraverso una miriade di universi paralleli fino ai giorni nostri dove, in Discovery, abbiamo nella prima stagione una forte presenza del cosiddetto Universo Specchio mentre nella seconda stagione abbiamo molto a che fare con il “tempo”, fino alla sua sconvolgente conclusione in cui equipaggio e nave vengono spediti quasi mille anni nel futuro.

 

Chi non ricorda poi la trama di Star Trek IV e il “tempo warp”, l’alluminio trasparente (che pare esista davvero adesso) e gli innumerevoli episodi di ogni serie, in cui ogni tanto i vari equipaggi venivano catapultati nel passato (e qualche volta, come Archer, anche nel futuro).

 

In Star Trek quindi abbiamo molteplici interpretazioni del viaggio nel tempo, molto interessante è l’episodio “L’Enterprise del Passato” in cui un’anomalia spazio temporale catapulta la Enterprise C ai tempi di Picard sottraendola al proprio destino ma sconvolgendo terribilmente il continuum e trasformando il futuro di pace in un futuro di guerra. La Enterprise C doveva soccombere nel passato e il suo sacrificio avrebbe cementato la pace con i Klingon.

 

Ma non bastano le implicazioni etiche con la propria coscienza nel dover prendere la decisione di rispedire indietro nel tempo un equipaggio per esporlo a morte certa. Infatti come conseguenza dell’alterazione del passato (e quindi del futuro) Tasha Yar, precedentemente deceduta nella prima stagione di TNG, qui ricompare viva e vegeta (e al posto di Worf), questo fa si che il Capitano Picard decida di darle una seconda, apparentemente flebile, possibilità (fidandosi praticamente solo delle sensazioni di Guinan), accordandole il trasferimento sulla Enterprise C non tenendo conto che ciò determinerà un’altra alterazione importante.

 

In sostanza la Enterprise C parte dall’universo originale per approdare ad un futuro alternativo, torna indietro al proprio universo ma influenzerà comunque anche l’universo originale (oppure ne creerà un altro, se seguiamo l’ipotesi di Avengers) poiché Tasha esisterà due volte nella stessa dimensione e addirittura partorirà Sela, mezza romulana e nemica letale della Flotta.

 

Da far girare la testa, ok, ma nella semplicità di un singolo episodio (e delle sue conseguenze) abbiamo molte delle varie implicazioni temporali, c’è di vero che ogni volta il salto temporale è uno stratagemma che può risolvere molti problemi sul piano narrativo ma che inevitabilmente ne crea almeno altrettanti.

 

Diciamo che se ci limitiamo al viaggio nel futuro e analizzassimo gli elementi semplici che lo determinano potremmo definirlo come lo spostarsi in un punto avanti nel tempo quasi istantaneamente, senza avere una reale percezione del tempo trascorso.

 

In effetti è un po’ come quando dormiamo, non abbiamo piena coscienza delle ore trascorse ed al risveglio l’unica percezione ce la da la sensazione di riposo (oltre ovviamente all’orologio), potremmo quasi definirlo un piccolo viaggio nel tempo che compiamo ogni giorno, cioè ogni notte. La differenza in questo caso la fa l’invecchiamento, o meglio l’ossidazione cellulare, al risveglio saremo un po’ più vecchi, per evitare questo a darci una mano potrebbe essere la criogenesi.

 

Fantascienza? Non proprio se al mondo ci sono almeno 3 aziende che offrono questa possibilità e molte persone si sono già sottoposte a questa procedura (e moltissime hanno firmato contratti per farsi “congelare” dopo morti).

 

L’ipotesi è quella raccontata nell’episodio di TNG “La Zona Neutrale”, a far da sfondo al gran ritorno dei Romulani (ed alla primissima “percezione” della presenza dei Borg), la storia di queste persone ritrovate in capsule alla deriva nello spazio ed ibernate negli anni ’80 dopo morti nella speranza che nel futuro scoprissero una cura per le loro malattie (oltre al modo per rianimarli).

Anche questo è, in un certo qual senso, un modo per viaggiare nel tempo, oltretutto senza intaccare il continuum spazio temporale.

 

In verità al concetto di tempo è strettamente legato un altro concetto molto caro alla scienza: la gravità, ma facciamo prima un passo… di lato. Noi siamo soliti misurare il tempo attraverso strumenti e percezioni che usiamo quotidianamente e che quindi percepiamo come normali, ad esempio l’alternarsi giorno/notte, l’orologio, l’invecchiamento, la necessità di sincronizzare le nostre azioni con quelle degli altri e così via dicendo.

 

In realtà sono convenzioni che abbiamo stabilito per aiutarci ad affrontare la vita ma quante volte capita che ci svegliamo un qualunque giorno della settimana e diciamo “oggi sembra domenica”, oppure “oggi il tempo non passa mai!” o il contrario “oggi è volata!”.

 

Se togliessimo, per ipotesi, i punti di riferimento essenziali il tempo per come lo viviamo non esisterebbe, esiste perché ci “muoviamo” e questo avviene così in piccolo come pure per i pianeti e le galassie.

 

Capiamo quindi che in tutte queste implicazioni si fa strada la “gravità” e l’esempio più affascinante è senz’altro legato ai buchi neri. Il buco nero ha una forza di gravità tale da non permettere nemmeno alla luce di sfuggirgli, l’effetto è quello che, più ci si avvicina ad un buco nero, più il tempo comincerà a scorrere lentamente, esattamente come accade nel film Interstellar dove pochi minuti trascorsi su un pianeta posto nelle prossimità di un buco nero corrispondono ad anni nel normale spazio.

 

Ed è un po’ l’esatto contrario di quello che accade nell’episodio di Voyager “in un batter d’occhio” dove nel bel mezzo di un lontano sistema solare l’equipaggio del capitano Janeway scova un pianeta che ruota ad incredibile velocità poiché il proprio tempo scorre, o meglio, corre diversamente (ovviamente all’insaputa dei suoi abitanti).

 

Anche in questo caso lo spostamento temporale è inteso ad un solo verso e senza possibilità di ritorno, malgrado nello Star Trek del 2009 il buco nero creato artificialmente da Spock si rivelerà una sorta di passaggio temporale che catapulterà la Narada di Nero indietro quando James T Kirk ancora non era nemmeno nato.

 

C’è però qualcosa che ci permette, malgrado tutto, di dare uno sguardo nel passato anche più antico ed è la luce ed in particolar modo la luce delle stelle che vediamo tutte le notti (per lo meno quelle con cielo sereno).

 

In effetti il cielo stellato ci propone una sorta di fotografia della galassia che in realtà viene da molto lontano, posto che le stelle che vediamo sono davvero molto distanti da noi.

Per tutte queste ragioni se viaggiassimo ad una velocità prossima a quella della luce sarebbe probabilmente un viaggio di sola andata e se pure tornassimo indietro troveremmo un pianeta Terra decisamente più vecchio di quello che abbiamo lasciato.

 

Per questo le teorie più probabili per il viaggio interstellare vertono verso i cosiddetti warmhole o più in generale verso la possibilità di curvare lo spazio, concetti che implicano la profonda conoscenza di quella “gravità” di cui abbiamo parlato poco prima e che anche qui torna in tutta la sua fondamentale importanza.

 

Dunque dovremo certamente percorrere ancora molta strada per comprendere appieno spazio e tempo e non sappiamo nemmeno se mai ci riusciremo.

Magari un giorno scopriremo come è possibile spostarsi attraverso le dimensioni, creeremo dei gps spazio temporali come Tony Stark in Endgame oppure, molto più probabilmente, non potremo mai viaggiare indietro nel tempo (altrimenti lo sapremmo).

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Capire il tempo e usarlo a nostro piacimento ha sempre affascinato l’uomo e continuerà ad essere fonte di stratagemmi (e di guai) per gli sceneggiatori di film e serie, probabilmente alla fine ha ragione Kathryn Janeway quando suggerisce di non provarci per niente a capirlo e lasciare che le cose, semplicemente, avvengano.

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